venerdì 15 febbraio 2013

Messi d'oro sulla collina di Vincenzo Mereu





Recensione di “Messi d’oro sulla collina” di Vincenzo Mereu

di Paolo Maccioni

( Presentato alla Biblioteca di Flumini per Itamicontas, giovedì 17 gennaio 2013)

Nelle note contenute nel libro è scritto: Vincenzo Mereu, insegnante elementare e direttore didattico, scrive fiabe, poesie e romanzi. Trae le sue ispirazioni dalla bellezza della natura e dai grandi valori dell’uomo. Dello stesso autore il libro per ragazzi “il tacchino Glù Glù! Pupillo e Mandorlina.
Posso aggiungere che inoltre Vincenzo Mereu dipinge. La copertina del libro è tratta infatti da un suo quadro.
Il libro è composto di quasi 600 pagine, suddivise in 45 capitoli oltre la prefazione, ma  i caratteri adoperati sono molto grandi.
Devo dire che mi sono accostato a questo libro con un ingiustificato preconcetto, forse proprio perché spaventato dalla sua mole, pensando ad un suo contenuto prolisso e privo di argomenti sostanziosi. Il titolo del libro, poi, del tutto generico aveva forse contribuito a tale pregiudizio.
Però devo dire che già leggendo le prime pagine mi sono dovuto ricredere.
Intanto è bene dire che linguaggio è semplice e chiaro, pulito e limpido senza essere monotono o monocorde e, tra l’altro, contiene talvolta una sottile vena di ironia che lo rende più gradevole.
Nelle prime pagine è raccontato di una siccità devastante per la quale viene organizzata una processione e ci si sente subito immersi in un mondo che, sebbene appartenga al passato, è vivo e reale. In questa processione alcuni personaggi incominciano a delinearsi molto nettamente e con precisione descrittiva. In particolare Don Ferrucciu, personaggio importante del libro e simbolo di quella classe di signorotti che un tempo dominavano le scene in tutti i nostri paesi.
E insieme a lui Don Pietro, che nel libro non è una figura principale ma è invece importante sotto un aspetto non secondario. Questo prete, infatti, che nella processione porta una croce  sulle spalle è un personaggio molto vero e l’episodio in cui è raccontato come la croce fosse stata regalata alla chiesa da un ricchissimo conte che apriva i suoi granai a tutti i bisognosi, potrebbe essere reale. E nel libro sono presenti molti particolari della vita di fine ottocento e di come questa era organizzata, sia tra le classi più umili e povere sia tra quelle più ricche. Così troviamo spunti continui su come si lavorava, come si passava il tempo libero, quali erano i rapporti esistenti tra servi e padrone, insieme a  tanti altri aspetti che fanno si che questo libro possa essere apprezzato e considerato anche per il contributo che dà alla conoscenza di usi e tradizioni di un tempo.
Proseguendo nella lettura si è sempre più attratti dalla trama del libro, pur essendo questa di una estrema semplicità.
Le pagine corrono così via con il racconto della storia di Stefe e di Matilde. Lei figlia di Don Ferrucciu e lui operaio alle sue dipendenze prima e poi scacciato con infamia non appena il genitore di Matilda si accorge del rapporto amoroso esistente tra i due infelici innamorati.
Dopo una serie di circostanze i due si ritrovano un giorno soli, in casa di lei. E qui vi è un tripudio all’amore raccontato da Mereu con passione e con uno stile che ricorda i nostri massimi scrittori classici.
Vi sono nel libro molte immagini che contengono motivi della nostra tradizione, come i brani in cui sono descritti i preliminari ad una grande festa che i genitori di Matilde avevano organizzato nella previsione del suo fidanzamento con un partito di loro gradimento, così come si usava allora, e cioè utilizzare le figlie da maritare come merce di scambio e senza tener conto della loro volontà.
La preparazione della festa che si compendierà nel pranzo del mezzogiorno e la esecuzione della stessa hanno una parte rilevante nel libro, ed in essa Mereu ha l’opportunità di manifestare tutta la sua bravura, la capacità di raccontare il vissuto, la originalità delle situazioni che si presentano a volte comiche a volte tragiche, la fantasmagorica presenza della servitù, la facilità dei dialoghi, il tutto condito con un pizzico di umorismo, di cui ho accennato prima, che rivela i lati caratteriali dei personaggi a volte mettendoli in ridicolo a volte mettendo in risalto le loro virtù.
Nel romanzo sono molto frequenti intermezzi in cui l’autore esprime dei giudizi sui personaggi e sulle loro azioni e che rivelano lo spirito di saggezza cristiana che pervade il suo modo di sentire. Come quello che vi proponiamo:
“Nel mistero dell’animo umano nascono nuovi mondi ed altri scompaiono, come per incanto, come spazzati via da turbini ingovernabili della vita. Le immagini nascono e muoiono, come le dune nel deserto, lasciando dietro di sé amarezze e rimpianti e creando promesse e spazi entro cui la fantasia edifica nuove felicità che ci trascinano e, talvolta ci travolgono.”
Paolo Maccioni

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