martedì 26 giugno 2012

Morti, amanti e funerali di Matteo Gennari


Recensione di Paolo Maccioni per Abel Book


Il romanzo di Matteo Gennari è distribuito in duecento pagine e cinquantotto capitoli, e in ciascuno dei capitoli credo vi siano almeno due o tre funerali per cui il romanzo di Matteo Gennari potrebbe passare alla storia per il gran numero di morti  implicati, che a conti fatti costituirebbero un numero impressionante e,  a ben guardare,  soltanto raccontando le generalità dei defunti seguiti da una breve necrologia, potrebbero esaurire da soli lo spazio disponibile per qualunque altro tipo di scrittura.
Ma non è così e Matteo Gennari, se passerà alla storia,  come gli auguro di cuore, non sarà per questo motivo perché nonostante la premessa egli non si limita a raccontare la necrologia dei defunti, tuttaltro. Ne interpreta invece  la vita e che vita!
Diciamo in poche parole quello di cui stiamo parlando in modo che il lettore trovi qualche corrispondenza con ciò che scoprirà poi scritto nelle pagine del romanzo: la vicenda si inspira alla vita di una famiglia che da generazioni trae il proprio sostentamento materiale dall’esercizio di agenzie funebri. Vi è un padre, una madre, una  figlia un’altra figlia, un figlio e una nonna che si confrontano con l’esistenza del prossimo,  e fin qui è tutto normale anche se la loro vita normale non lo è proprio a giudicare da certi dialoghi del tipo di quello che segue: “perché mi hai sedotto? Ricordi Edgardo, ricordi quando abbiamo fatto l’amore al cimitero di notte sulla lapide di un giovane appena morto di cancro, ricordi quella volta che ci siamo chiusi dentro una bara e siamo rimasti così, uniti come in un abbraccio eterno, e poi tu hai goduto dentro di me e io ho abortito per la prima volta?”… Dialoghi e situazioni espressi con crudezza a volte anche esagerata che potrebbero confondersi con una sorta di sordida blasfemia ma che trovano poi in brani come quello che segue una dolcezza che si esprime con la stessa semplicità di linguaggio: Costanza le strinse la mano, cosi rugosa e saggia. Ricordava quando l'aveva portata al mare con quella sua vestaglia da cucina, la nonna non si era passata la crema solare e le si era formata una bolla purulenta dietro al collo e lei gliela osservava, le aveva chiesto come adesso, "Stai bene nonna". e lei come adesso aveva risposto. "Sto meglio",  "Dio, se le concedi altri dieci anni di vita ti prometto che dedicherò i miei giorni a te" disse ad alta voce credendo di poter ingannare il creatore coi suoi giochetti. "Ciao adesso", disse la Pierina. lei si allontanò cercando di fare il minore rumore possibile. ma un ventaccio sbatte le persiane che s'aprirono di colpo inondando la stanza di luce. Costanza le chiuse con forza. poi s'avvicinò alla nonna per sincerarsi che stesse dormendo, ma non stava dormendo.
Le avventure della famiglia sono infinite e le vicende dei personaggi si intrecciano tra loro in una girandola di situazioni a tinte forti di tipo sentimentale, sessuale, familiare, impregnate di quell’ambiente funerario che fa da sfondo e pervade tutto il romanzo.  Ma anche qui è abbastanza normale, e ci viene da constatare l’originalità del racconto che appunto si svolge tra bare, funerali e morte sempre in agguato, senza tuttavia creare nel lettore il senso di fastidio che l’argomento potrebbe suscitare.
Ciò che invece si impone nel romanzo come del tutto originale è la presenza del subnormale raccontato però come una novelletta. La presenza di spiriti che accompagnano la nostra esistenza e che ci accompagnano nel corso di nostri anni fino alla morte ed anche oltre. E non è Matteo Gennari a predicarcelo, ma è un simpatico personaggio che risponde al nome di Bartolomeo la cui la presenza guida la regia di tutto il libro e ci fa pensare, senza che nemmeno ce ne accorgiamo,  agli altri mondi dell’aldilà.
Matteo Gennari si distacca da tanti scrittori di oggi, afflitti  da una certa monotona ripetizione di trame e di situazioni che hanno più o meno tutte lo stesso fondamento e il suo estro si nutre di temi non consueti. Inoltre usa un simpatico linguaggio con il quale riesce a descrivere con leggerezza anche cose che leggere non sono.

Paolo Maccioni