giovedì 2 febbraio 2012

La caduta degli angeli



La Caduta degli angeli
Romanzo di Stefano Sarritzu
Recensione di Paolo Maccioni  pubblicata su www.paolo-maccioni.blogspot.com

Il romanzo consta di 204 pagine suddivise in 31 capitoli in cui sono raccontate le vicende di un gruppo di giovani in procinto di abbandonare il periodo della spensierata giovinezza vissuta fino allora per immettersi, con tutti i turbamenti e le angosce della realtà quotidiana, in una età in cui è invece prevalente la consapevolezza delle proprie idee, dei propri progetti, del proprio futuro. È insomma il passaggio dall’età immatura a quella matura  che per qualcuno avviene senza traumi per qualche altro con sofferenza, per certi con naturalezza e per altri con sforzi esistenziali. Ma, in ogni caso, è un momento della vita che tutti abbiamo o che dobbiamo attraversare e che ci ricordiamo poi con sensazioni diverse a seconda del modo con cui si è cercato di raggiungere quella felicità verso la quale abbiamo indirizzato tutti i nostri sforzi.
Su questa falsariga, e ricercando appunto, consciamente o inconsciamente, questa felicità, si muovono i personaggi di questo romanzo, tutti ragazzi dai diciassette ai venti anni o poco più,  che gravitano intorno ad una banda musicale che si sfascia e si ricompone in modi diversi secondo gli umori e le decisioni del suo principale capo.
Va da se che nel corso delle vicende troviamo tutti gli ingredienti che compongono il tessuto vitale su cui i ragazzi di oggi intessono le loro trame: gli amori, corrisposti o meno, le passioni per il calcio o per la musica, il modo di vestire, di truccarsi, di pettinarsi delle ragazze, il linguaggio, a volte abbastanza crudo e incisivo, ma anche il modo di riflettere su aspetti più seri e problematici dell’esistenza come la morte o la religione.  
Al di la delle vicende dei singoli protagonisti, che si intrecciano tra loro in situazioni sentimentali che difficilmente saranno quelle definitive, l’ambizione dell’Autore è quella di rappresentare appunto l’inquietudine e talvolta il trauma che provoca in loro il superamento di una età “irresponsabile”,  per passare a quella immediatamente successiva con tutto ciò che questo passaggio rappresenta in termini di problemi affettivi, familiari, sociali, amichevoli e così via.

L’iimpegno è molto ambizioso e intrigante e Sarritzu, per raggiungerlo ha usato una buona prosa,  una competenza musicale che forse talvolta può apparire fredda e staccata dal contesto delle vicende,  ma che le accompagna quasi come una eco,  e anche un desiderio di giustificare la presunta leggerezza dei giovani con pensieri non certo superficiali che si manifestano in certe frasi disseminate nel testo e messe in bocca ad uno o all’altro dei personaggi. Come  ad es. a pag. 86, parlando della morte del nonno di uno dei protagonisti, al termine di una storiella in cui tre saggi che prevedevano il futuro erano tristi perché avevano previsto il giorno della loro morte, commenta “ Chi conosce la propria fine può vivere aspettandola?” o come quando uno dei principali personaggi della storia si lascia andare a considerazioni del tipo :” Credo che l'uomo sia per natura destinato alla insoddisfazione, e qualsiasi impresa riesca a compiere, anche la più mirabolante, solo per qualche attimo ci fa sentire vivi. E' forse la condanna che ci ha inflitto Dio, il nostro vero peccato originale, quello che nessun battesimo può cancellare … ( pag . 174 ) o ancora quando a pag. 187 mette in bocca ad uno dei protagonisti la seguente riflessione “La vera sostanza della vita era tornare a casa stanchi dopo una giornata di duro lavoro, ma avere il privilegio di dimenticarsi di tutto grazie a chi si amava e ci amava, guardando abbracciati la televisione, ridendo e godendo delle piccole cose, dei propri figli.”  

Se questo era l’obbiettivo del romanzo e se Stefano Sarritzu lo abbia raggiunto ognuno lo scoprirà da se immedesimandosi nelle vicende narrate nel libro che, per la sua scorrevolezza e freschezza si fa leggere con molta facilità.  


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