Recensione
di “Messi d’oro sulla collina” di Vincenzo Mereu
di
Paolo Maccioni
( Presentato alla Biblioteca di Flumini per
Itamicontas, giovedì 17 gennaio 2013)
Nelle note contenute
nel libro è scritto: Vincenzo Mereu, insegnante elementare e direttore didattico,
scrive fiabe, poesie e romanzi. Trae le sue ispirazioni dalla bellezza della
natura e dai grandi valori dell’uomo. Dello stesso autore il libro per ragazzi
“il tacchino Glù Glù! Pupillo e Mandorlina.
Posso aggiungere che inoltre
Vincenzo Mereu dipinge. La copertina del libro è tratta infatti da un suo
quadro.
Il libro è composto di
quasi 600 pagine, suddivise in 45 capitoli oltre la prefazione, ma i caratteri adoperati sono molto grandi.
Devo dire che mi sono
accostato a questo libro con un ingiustificato preconcetto, forse proprio
perché spaventato dalla sua mole, pensando ad un suo contenuto prolisso e privo
di argomenti sostanziosi. Il titolo del libro, poi, del tutto generico aveva
forse contribuito a tale pregiudizio.
Però devo dire che già
leggendo le prime pagine mi sono dovuto ricredere.
Intanto è bene dire che
linguaggio è semplice e chiaro, pulito e limpido senza essere monotono o
monocorde e, tra l’altro, contiene talvolta una sottile vena di ironia che lo
rende più gradevole.
Nelle prime pagine è
raccontato di una siccità devastante per la quale viene organizzata una
processione e ci si sente subito immersi in un mondo che, sebbene appartenga al
passato, è vivo e reale. In questa processione alcuni personaggi incominciano a
delinearsi molto nettamente e con precisione descrittiva. In particolare Don
Ferrucciu, personaggio importante del libro e simbolo di quella classe di
signorotti che un tempo dominavano le scene in tutti i nostri paesi.
E insieme a lui Don
Pietro, che nel libro non è una figura principale ma è invece importante sotto
un aspetto non secondario. Questo prete, infatti, che nella processione porta
una croce sulle spalle è un personaggio
molto vero e l’episodio in cui è raccontato come la croce fosse stata regalata
alla chiesa da un ricchissimo conte che apriva i suoi granai a tutti i
bisognosi, potrebbe essere reale. E nel libro sono presenti molti particolari
della vita di fine ottocento e di come questa era organizzata, sia tra le
classi più umili e povere sia tra quelle più ricche. Così troviamo spunti
continui su come si lavorava, come si passava il tempo libero, quali erano i
rapporti esistenti tra servi e padrone, insieme a tanti altri aspetti che fanno si che questo
libro possa essere apprezzato e considerato anche per il contributo che dà alla
conoscenza di usi e tradizioni di un tempo.
Proseguendo nella
lettura si è sempre più attratti dalla trama del libro, pur essendo questa di
una estrema semplicità.
Le pagine corrono così
via con il racconto della storia di Stefe e di Matilde. Lei figlia di Don
Ferrucciu e lui operaio alle sue dipendenze prima e poi scacciato con infamia
non appena il genitore di Matilda si accorge del rapporto amoroso esistente tra
i due infelici innamorati.
Dopo una serie di
circostanze i due si ritrovano un giorno soli, in casa di lei. E qui vi è un
tripudio all’amore raccontato da Mereu con passione e con uno stile che ricorda
i nostri massimi scrittori classici.
Vi sono nel libro molte
immagini che contengono motivi della nostra tradizione, come i brani in cui
sono descritti i preliminari ad una grande festa che i genitori di Matilde
avevano organizzato nella previsione del suo fidanzamento con un partito di
loro gradimento, così come si usava allora, e cioè utilizzare le figlie da
maritare come merce di scambio e senza tener conto della loro volontà.
La preparazione della
festa che si compendierà nel pranzo del mezzogiorno e la esecuzione della
stessa hanno una parte rilevante nel libro, ed in essa Mereu ha l’opportunità
di manifestare tutta la sua bravura, la capacità di raccontare il vissuto, la
originalità delle situazioni che si presentano a volte comiche a volte
tragiche, la fantasmagorica presenza della servitù, la facilità dei dialoghi,
il tutto condito con un pizzico di umorismo, di cui ho accennato prima, che
rivela i lati caratteriali dei personaggi a volte mettendoli in ridicolo a
volte mettendo in risalto le loro virtù.
Nel romanzo sono molto
frequenti intermezzi in cui l’autore esprime dei giudizi sui personaggi e sulle
loro azioni e che rivelano lo spirito di saggezza cristiana che pervade il suo
modo di sentire. Come quello che vi proponiamo:
“Nel mistero dell’animo
umano nascono nuovi mondi ed altri scompaiono, come per incanto, come spazzati via
da turbini ingovernabili della vita. Le immagini nascono e muoiono, come le
dune nel deserto, lasciando dietro di sé amarezze e rimpianti e creando promesse
e spazi entro cui la fantasia edifica nuove felicità che ci trascinano e,
talvolta ci travolgono.”
Paolo Maccioni
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