venerdì 10 febbraio 2012

Mirella Delfini “Andrà tutto bene”


 

     Mi rendo conto con un certo stupore di aver iniziato e terminato di leggere le 571 pagine di questo libro con una incredibile velocità, e anziché iniziare a commentarlo dall’inizio preferisco farlo dalla fine perché questa mi ha commosso. La visione di una anziana donna (mi sembra improprio parlare di vecchiaia anche se la protagonista di anni ne ha 84) che sale su una collina per piantare semi di alberi nella speranza di vederli attecchire e crescere, in omaggio ad uno smisurato amore per la natura e per la vita,  mi ha riempito l’animo di dolcezza. Sono sicuro che la Delfini  adempirà questo suo voto  e questa certezza deriva  dall’idea di lei che mi sono fatto leggendo  il suo libro: “ Andrà tutto bene” edito da Abel Books,  che in 48 capitoli ripercorre  tutta la sua vita, dalla nascita ai giorni d’oggi.

     Mirella Delfini  ha girato tutto il mondo, ha lavorato per diversi quotidiani, (Il giorno, Paese sera, Repubblica, L’Unità). Con Mondadori ha pubblicato “ Insetto sarai tu” ( tre edizioni, l’ultima negli OSCAR), e la prima edizione di “Senti chi parla”. Con la Muzzio ha pubblicato “ La vita segreta dei piccoli abitanti del mare” ( Premio Estense 2000), “ La vita segreta dei ragni” e “La vita segreta degli insetti geniali”. Ha collaborato a riviste come Ligabue Magazine e La macchina del tempo.

     Nel libro” Andrà tutto bene” sono raccontate tutte le vicende che hanno caratterizzato la sua vita e poiché questa è stata estremamente intensa  e interessante non poteva che essere interessante anche il racconto. Nei suoi numerosi viaggi, ha incontrato personaggi che rappresentano tutte le varie attività che animano l’umanità.  Ha amato, ha vissuto, ha giocato ed ha anche sofferto. Penso a quando ad esempio ha dovuto lasciare il figlio in collegio, penso alle morti delle persone care, e questa sofferenza  le ha dato la possibilità di raccontare le cose anche le più tristi con serenità d’animo e limpidezza  come se le apparissero riferite a terze persone ma non a lei stessa, e talvolta di sorriderne persino,  pensando che oramai non possono più provocarle dolore.

     Le avventure  e le vicende descritte nel libro sono talmente tante che è inutile tentare di farne un riassunto. Anche riuscire a descrivere un singolo episodio risulta difficile perché Mirella Delfini lo fa abbondando con inserimenti della sua cultura frutto dell’esperienza cresciuta con lei sul campo, e delle letture ( mi chiedo quando aveva il tempo di leggere),  per cui sono continui i riferimenti e le citazioni di scrittori, studiosi, saggisti poeti e politici, oppure semplici amici, che ne rendono improponibile la sintesi. Ogni capitolo è un romanzo a se, ogni episodio meriterebbe il commento, e così il libro diventa  una somma di emozioni che si susseguono ininterrottamente senza pause.

     Gli avvenimenti che compongono “ Andrà tutto bene” interessanti sotto il profilo del contenuto, il più delle volte sono ammantati da una allegra ironia che li fa diventare leggeri anche quando tali non sono, come quando ad esempio  intervista Papa Giovanni XXIII. D’altra parte  far sorridere il lettore sembra sia una sua precisa parola d’ordine. Non apprezza il parlare saccente con tanti “ismi”, quello di tanti pseudo intellettuali  che si chiudono nella ermeticità come in difesa di una casta eletta. Parlare il linguaggio che si parla a casa, farsi capire da chi legge e farlo sorridere, questo sembra il suo imperativo al quale si è imposta di attenersi.

     Ho imparato da questa lettura molte cose e molte altre imparerò perché rileggerò  “  Andrà bene”  con attenzione ancora maggiore soprattutto a certi interrogativi che l’autrice si è posta e che tutti ci poniamo, su molti aspetti della nostra vita e su quella di tutte le cose create nella terra.

     Credo che al di la degli episodi contenuti nel libro il merito maggiore di Mirella Delfini sia quello di riuscire a far riflettere  arrivando dritti al cuore.

giovedì 2 febbraio 2012

La caduta degli angeli



La Caduta degli angeli
Romanzo di Stefano Sarritzu
Recensione di Paolo Maccioni  pubblicata su www.paolo-maccioni.blogspot.com

Il romanzo consta di 204 pagine suddivise in 31 capitoli in cui sono raccontate le vicende di un gruppo di giovani in procinto di abbandonare il periodo della spensierata giovinezza vissuta fino allora per immettersi, con tutti i turbamenti e le angosce della realtà quotidiana, in una età in cui è invece prevalente la consapevolezza delle proprie idee, dei propri progetti, del proprio futuro. È insomma il passaggio dall’età immatura a quella matura  che per qualcuno avviene senza traumi per qualche altro con sofferenza, per certi con naturalezza e per altri con sforzi esistenziali. Ma, in ogni caso, è un momento della vita che tutti abbiamo o che dobbiamo attraversare e che ci ricordiamo poi con sensazioni diverse a seconda del modo con cui si è cercato di raggiungere quella felicità verso la quale abbiamo indirizzato tutti i nostri sforzi.
Su questa falsariga, e ricercando appunto, consciamente o inconsciamente, questa felicità, si muovono i personaggi di questo romanzo, tutti ragazzi dai diciassette ai venti anni o poco più,  che gravitano intorno ad una banda musicale che si sfascia e si ricompone in modi diversi secondo gli umori e le decisioni del suo principale capo.
Va da se che nel corso delle vicende troviamo tutti gli ingredienti che compongono il tessuto vitale su cui i ragazzi di oggi intessono le loro trame: gli amori, corrisposti o meno, le passioni per il calcio o per la musica, il modo di vestire, di truccarsi, di pettinarsi delle ragazze, il linguaggio, a volte abbastanza crudo e incisivo, ma anche il modo di riflettere su aspetti più seri e problematici dell’esistenza come la morte o la religione.  
Al di la delle vicende dei singoli protagonisti, che si intrecciano tra loro in situazioni sentimentali che difficilmente saranno quelle definitive, l’ambizione dell’Autore è quella di rappresentare appunto l’inquietudine e talvolta il trauma che provoca in loro il superamento di una età “irresponsabile”,  per passare a quella immediatamente successiva con tutto ciò che questo passaggio rappresenta in termini di problemi affettivi, familiari, sociali, amichevoli e così via.

L’iimpegno è molto ambizioso e intrigante e Sarritzu, per raggiungerlo ha usato una buona prosa,  una competenza musicale che forse talvolta può apparire fredda e staccata dal contesto delle vicende,  ma che le accompagna quasi come una eco,  e anche un desiderio di giustificare la presunta leggerezza dei giovani con pensieri non certo superficiali che si manifestano in certe frasi disseminate nel testo e messe in bocca ad uno o all’altro dei personaggi. Come  ad es. a pag. 86, parlando della morte del nonno di uno dei protagonisti, al termine di una storiella in cui tre saggi che prevedevano il futuro erano tristi perché avevano previsto il giorno della loro morte, commenta “ Chi conosce la propria fine può vivere aspettandola?” o come quando uno dei principali personaggi della storia si lascia andare a considerazioni del tipo :” Credo che l'uomo sia per natura destinato alla insoddisfazione, e qualsiasi impresa riesca a compiere, anche la più mirabolante, solo per qualche attimo ci fa sentire vivi. E' forse la condanna che ci ha inflitto Dio, il nostro vero peccato originale, quello che nessun battesimo può cancellare … ( pag . 174 ) o ancora quando a pag. 187 mette in bocca ad uno dei protagonisti la seguente riflessione “La vera sostanza della vita era tornare a casa stanchi dopo una giornata di duro lavoro, ma avere il privilegio di dimenticarsi di tutto grazie a chi si amava e ci amava, guardando abbracciati la televisione, ridendo e godendo delle piccole cose, dei propri figli.”  

Se questo era l’obbiettivo del romanzo e se Stefano Sarritzu lo abbia raggiunto ognuno lo scoprirà da se immedesimandosi nelle vicende narrate nel libro che, per la sua scorrevolezza e freschezza si fa leggere con molta facilità.