Il
pettine senza denti
Gentili
signore e signori grazie della vostra presenza. Ringrazio la Biblioteca di
Quartu e di Flumini che, come al solito ci da una mano sia nel permetterci
queste serate nel suoi locali, sia nell’aiutarci per l’organizzazione delle
stesse.
Il libro che
presentiamo questa sera è intitolato “Il pettine senza denti”e il suo autore è
un giovane che scrive con il pseudonimo di Eugenio Campus ma il suo vero nome è
Sergio Casu.
Non mi dilungo
nel leggervi la sua ancora breve biografia che trovate comunque sul suo sito
internet.
Oltre che
scrittore e editore, sua è infatti la casa editrice Applidea, scopriamo che
Sergio Casu è anche fotografo ed ha al suo attivo una mostra tenutasi nel 2009
alla Vetreria di Monserrato dal titolo “L’Africa non è così nera”, nonché
organizzatore di eventi come il concorso "Parole in corsa
2009 - scrivi e scatta".
Il pettine
senza denti è stato pubblicato nel 2008, da Applidea ed è il secondo romanzo
pubblicato dopo “ Anima mediterranea”.
Il romanzo
Il pettine senza denti ha avuto grande ripercussione in tutta Italia e, tra
l’altro, è stato presentato a Milano alla libreria Feltrinelli da Franca Rame
alla presenza di scienziati e personaggi importanti che si occupano dei
problemi denunciati nel libro. E anche in Sardegna sono numerosissime le
presentazioni di rilievo che il libro ha avuto,
diffuso tra l’altro in quasi tutte le biblioteche dell’Isola.
Ringrazio
perciò l’autore per essere oggi presente a Flumini per parlarci del suo libro.
Prima di
dargli la parola vorrei dire che un romanzo come questo, col suo carico di intrighi
internazionali, ambientati in un clima mediterraneo come quello della Sardegna
paragonabile per suggestione di immagini ad un’isola tropicale del Sud America
o giù di lì, ebbene, se fosse frutto di uno scrittore americano, o anche semplicemente
supportato da una delle nostre poche case Editrici Italiane che assorbono la
maggior parte del mercato letterario italiano, ne avrebbero fatto un best
seller da milioni di copie vendute in tutto il mondo con relativo seguito di
film e documentari.
Ma
siamo in Sardegna, culturalmente ignorati o quasi dalla stampa nazionale,
estremizzati e non competitivi nei confronti del resto della popolazione
letteraria italiana.
A
questo proposito se mi permettete vorrei aprire una parentesi per dire che quando uno scrittore sardo si
afferma è perché è nuovo, come Niffoi o Michela Murgia e stupisce. Cioè allo
scrittore sardo perché si affermi in
campo nazionale e oltre si richiede di più che agli altri, deve essere
assolutamente eccezionale nel senso letterale del termine che cioè deve fare
eccezione alla regola e quindi deve per forza farsi notare, deve stupire.
Ricordate Gavino Ledda con il suo padre e padrone?
Invece
i nostri scrittori sono tanti e tra questi ve ne sono di bravissimi. Scrittori
che, oltre che autori, curano l’editing
del loro libro con l’aiuto quasi esclusivo della moglie o la madre o la sorella,
e senza nessuna scuola, nessuna casa
editrice a consigliare o indirizzare e non devono mai ringraziare nessuno ( guardate la sfilza di ringraziamenti
in quasi tutte le opere di autori affermati) perché nessuno ha fatto niente per
loro. Lavorano isolati. Devono cercarsi a fatica un editore che pubblichi il loro lavoro
talvolta pagando a caro prezzo la loro voglia di esprimersi quando addirittura
non sono costretti a diventano editori di se stessi.
Perciò
doppio merito ad un libro come questo che si impone all’attenzione della
critica nazionale.
Chiusa
questa parentesi voglio dedicare solo due parole alla trama e al contenuto del
romanzo.
Il
libro inizia con una introduzione su Violante Carroz. Sappiamo chi era questa potentissima donna che intorno
al 1500 era padrona di mezza Sardegna, se non altro perché al suo casato è
intitolata una via di Cagliari.
Ma
a noi interessa solo l’ultima parte della sua vita, quella che la vede
pretendere dal parroco di Quirra l’annullamento del suo ultimo matrimonio per
potersi risposare, con Berengario. Al suo rifiuto e al successivo tentativo di
mercanteggiamento, Violante fa uccidere il parroco.
Leggendo
queste realtà storiche viene da pensare, con una certa rabbia, a quanta
prepotenza e quanto potere erano detenuti nelle mani della nobiltà di allora, tanto
da ritenersi superiori a tutti, persino a Dio.
Potere che avrebbe potuto essere esercitato anche un pochino per il bene
comune della Sardegna, ma che invece, almeno a mia conoscenza, è stato solo
utilizzato per svolgere nel modo più vessatorio possibile la loro funzione di
esattori, chiusi nelle loro piccole o grandi corti a intessere trame dinastiche
ad uso e consumo dei loro personali interessi.
Andando
avanti nella lettura del libro, notiamo altre figure di donne. Tra queste suscita
curiosità quella dell’accabadora, che la maggior parte di noi ha imparato a
conoscere dal libro di Michela Murgia, intitolato, appunto L’Accabadora. Ma i tratti salienti della sua figura e della
sua attività poco edificante, come possiamo ora constatare, erano stati già
tracciati da Casu nelle pagine di questo libro, in cui la sua figura è
rappresentata con molte sfaccettature di verità e di leggenda.
Dopo
esserci ambientati nella conoscenza del romanzo, che si svolge in tre strati di
tempo, assimiliamo le avventure dei personaggi principali e nel momento in cui
ci si immedesima negli avvenimenti raccontati dall’autore, risaltano le loro
personalità, ed è in questa fase che
specialmente la figura di Stefanina esplode
e permea di se stessa tutto il resto del romanzo, perché la sua figura di
donna, con le sue angosce, le sue titubanze, la sua voglia, la sua
intelligenza, la sua carica di umanità la sua curiosità, è la figura di spicco
che è stata descritta dall’autore non solo con il cervello e l’abilità del
linguaggio ma soprattutto con il cuore. E il lettore lo capisce.
L’altra
chiave di lettura del libro, che forse è quello al quale l’autore vuole dare
più risalto, è l’inizio di una indagine a tutto campo e una denuncia per
crimini contro l’umanità che, il più delle volte si fanno contro ignoti, in
questo caso ignoti non sono perché di essi si conoscono nomi e cognomi in
quanto il criminale è nientemeno che il nostro Stato, la nostra forza armata,
il nostro ministero della difesa, il nostro apparato burocratico compresi
SISMI, servizi segreti e via dicendo. E il crimine commesso è quello di aver
lasciato ammorbare il territorio di Quirra per pure speculazioni economiche
impronunciabili provocando conseguenze terribili come malattia e morte dei suoi
abitanti.
Spiaggia di Quirra sottratta al turismo a causa degli esperimenti militari |
Il
libro di Casu, o Campus, come preferite tratta un argomento che meriterebbe da
parte della collettività sarda una attenzione ben maggiore di quella che ha. Se
è vero quanto descritto, e l’autore ce lo racconterà nel dettaglio, ci sono
tutti gli estremi perché la popolazione sarda si sollevi con una sola voce per
chiedere a tutto campo il massimo del risarcimento non soltanto per i danni
subiti, ma anche per quelli che potranno insorgere nel futuro a causa di quelle
scellerate speculazioni nazionali esercitate all’insaputa e sulle spalle di
tutti noi sardi che viviamo in questa isola bistrattata e considerata ancora
dal potere come terra di conquista.
Paolo Maccioni