La Caduta degli angeli
Romanzo di Stefano Sarritzu
Recensione di Paolo Maccioni pubblicata su www.paolo-maccioni.blogspot.com
Il romanzo consta di 204
pagine suddivise in 31 capitoli in cui sono raccontate le vicende di un gruppo
di giovani in procinto di abbandonare il periodo della spensierata giovinezza vissuta
fino allora per immettersi, con tutti i turbamenti e le angosce della realtà quotidiana,
in una età in cui è invece prevalente la consapevolezza delle proprie idee, dei
propri progetti, del proprio futuro. È insomma il passaggio dall’età immatura a
quella matura che per qualcuno avviene senza
traumi per qualche altro con sofferenza, per certi con naturalezza e per altri
con sforzi esistenziali. Ma, in ogni caso, è un momento della vita che tutti
abbiamo o che dobbiamo attraversare e che ci ricordiamo poi con sensazioni
diverse a seconda del modo con cui si è cercato di raggiungere quella felicità verso
la quale abbiamo indirizzato tutti i nostri sforzi.
Su questa falsariga, e
ricercando appunto, consciamente o inconsciamente, questa felicità, si muovono
i personaggi di questo romanzo, tutti ragazzi dai diciassette ai venti anni o
poco più, che gravitano intorno ad una
banda musicale che si sfascia e si ricompone in modi diversi secondo gli umori
e le decisioni del suo principale capo.
Va da se che nel corso delle
vicende troviamo tutti gli ingredienti che compongono il tessuto vitale su cui
i ragazzi di oggi intessono le loro trame: gli amori, corrisposti o meno, le
passioni per il calcio o per la musica, il modo di vestire, di truccarsi, di
pettinarsi delle ragazze, il linguaggio, a volte abbastanza crudo e incisivo,
ma anche il modo di riflettere su aspetti più seri e problematici
dell’esistenza come la morte o la religione.
Al
di la delle vicende dei singoli protagonisti, che si intrecciano tra loro in
situazioni sentimentali che difficilmente saranno quelle definitive, l’ambizione
dell’Autore è quella di rappresentare appunto l’inquietudine e talvolta il
trauma che provoca in loro il superamento di una età “irresponsabile”, per passare a quella immediatamente successiva
con tutto ciò che questo passaggio rappresenta in termini di problemi affettivi,
familiari, sociali, amichevoli e così via.
L’iimpegno
è molto ambizioso e intrigante e Sarritzu, per raggiungerlo ha usato una buona
prosa, una competenza musicale che forse
talvolta può apparire fredda e staccata dal contesto delle vicende, ma che le accompagna quasi come una eco, e anche un desiderio di giustificare la
presunta leggerezza dei giovani con pensieri non certo superficiali che si
manifestano in certe frasi disseminate nel testo e messe in bocca ad uno o
all’altro dei personaggi. Come ad es. a
pag. 86, parlando della morte del nonno di uno dei protagonisti, al termine di
una storiella in cui tre saggi che prevedevano il futuro erano tristi perché
avevano previsto il giorno della loro morte, commenta “ Chi conosce la propria fine può vivere aspettandola?” o come quando
uno dei principali personaggi della storia si lascia andare a considerazioni
del tipo :” Credo che l'uomo sia per
natura destinato alla insoddisfazione, e qualsiasi impresa riesca a compiere,
anche la più mirabolante, solo per qualche attimo ci fa sentire vivi. E' forse
la condanna che ci ha inflitto Dio, il nostro vero peccato originale, quello
che nessun battesimo può cancellare … ( pag . 174 ) o ancora quando a pag.
187 mette in bocca ad uno dei protagonisti la seguente riflessione “La vera sostanza della vita era tornare a
casa stanchi dopo una giornata di duro lavoro, ma avere il privilegio di
dimenticarsi di tutto grazie a chi si amava e ci amava, guardando abbracciati
la televisione, ridendo e godendo delle piccole cose, dei propri figli.”
Se questo era l’obbiettivo del
romanzo e se Stefano Sarritzu lo abbia raggiunto ognuno lo scoprirà da se
immedesimandosi nelle vicende narrate nel libro che, per la sua scorrevolezza e
freschezza si fa leggere con molta facilità.
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